Formare chi assume: la diversità parte da chi seleziona

👀 I bias nel processo di selezione: lenti invisibili che condizionano

Nelle selezioni del personale, ciò che vediamo è raramente neutro. Spesso è filtrato da lenti invisibili: stereotipi e pregiudizi inconsci che influenzano le decisioni. Nome, foto, età, accento, look — tutto contribuisce a formare un’immagine che può escludere prima ancora di conoscere.

La selezione non è mai oggettiva al 100%, ma può essere più consapevole.

Ed è qui che si gioca la sfida: formare chi assume per cambiare lo sguardo.

E’ umano e dimostrato da studi psicologici che quando ti trovi un curriculum davanti ti fai un’idea della persona che lo ha scritto. Se vedi la foto, aggiungi ulteriori dettagli a questa idea. Quello che invece non deve essere scontato, è continuare a rimanere su quella linea (in positivo o in negativo che sia) nel momento in cui l’incontro con questa persona fornisce informazioni diverse. Lì il selezionatore deve essere in grado di adattare la sua idea iniziale all’oggettività della realtà. Questo è quello che mi è successo nella mia esperienza di Recruiter: più volte ho cambiato idea e più volte mi sono dovuta confrontare con i manager per aiutarli a farlo. Però non per tutti è cosi e spesso quell’idea continua a rimanere radicata e rischia di influenzare tutto il processo di selezione successivo.

E se quelle lenti fossero vecchie? Se quelle lenti non ci facessero vedere i nuovi talenti? Se stessimo ancora scegliendo le persone secondo criteri ereditati da un mondo che non esiste più? Se stessimo “scremando” la rosa di candidati secondo criteri interni dettati più dal nostro vissuto che dall’oggettività del momento?

In un mercato del lavoro che parla di inclusione, autenticità e potenziale, il cambiamento non può iniziare solo dai candidati. Deve partire da chi guarda, da chi seleziona.

Sono d’accordo con quanto suggerito nella parte finale di questo video “Non è un paese per brutte“, dove si ipotizza la possibilità di distruggere gli stereotipi inserendo nei team di recruiting ed HR persone con caratteristiche fisiche e non solo, diverse tra loro.

È quindi tempo di formare chi assume.

Perché la vera diversità non è solo nel CV: è nello sguardo (vecchie lenti) capace di riconoscerla (per nuovi talenti).

🎯 Talento invisibile: quando essere sé stessi diventa un rischio

Spesso chi cerca lavoro è costretto a nascondere parti di sé: il vero accento, un nome non italiano, il proprio corpo, un percorso non lineare. Il rischio? Lasciare nell’ombra proprio quel potenziale che potrebbe fare la differenza.

Come dice Nogaye Ndiaye citando il libro Mare aperto, “c’è una grande differenza tra essere guardati ed essere visti.” È da questo sguardo che inizia l’inclusione.

📝 Curriculum anonimo: quando il talento parla da solo

Tra le opzioni menzionate nel video c’era anche quella del cv anonimo.

Alcuni esperimenti di selezione al buio — eliminando nome, foto, sesso ed età — hanno mostrato risultati sorprendenti: aumentano la qualità delle candidature e la diversità dei profili selezionati.

In Italia siamo ancora agli inizi, ma l’interesse cresce. Il curriculum anonimo non è una moda: è uno strumento concreto per evitare che le vecchie lenti decidano prima delle competenze.

In effetti potrebbe aiutare ad avere una selezione più oggettiva, però cosa succede nel momento in cui dobbiamo incontrare fisicamente la persona che magari nel frattempo è stata assunta?

Ci sono bias primari (età, sesso, razza) e secondari che si estendono alla religione, al modo di comunicare, al reddito, l’educazione, la collocazione geografica, l’apparenza, etc. e quindi mi chiedo anche: come fare a includere o escludere tutto questo? Non si rischia di rendere un processo che riguarda le risorse umane, disumanizzato?

A mio avviso, se quelle lenti vecchie non vengono cambiate attraverso una formazione mirata, si sposta il problema ma non si risolve e continuano a non farci vedere i nuovi talenti.

👥 Chi seleziona? L’urgenza di formare chi assume

I selezionatori non sono solo HR: sono anche manager, responsabili di team, recruiter esterni. Chiunque prenda decisioni ha bisogno di formazione sui bias cognitivi e sui meccanismi inconsci che escludono senza che ce ne accorgiamo.

Come evidenziato nel video di Valore D, la discriminazione passa anche dall’aspetto fisico. E riguarda soprattutto le donne: una su due si sente valutata più per come appare che per ciò che sa fare. Ne ho parlato in modo più approfondito in questo precedente articolo

“Bello poter essere viste o assunte per un lavoro indipendentemente da come sono”

dice Lara Lago sempre in questo video

🔄 Cambiare lo sguardo, cambiare la cultura aziendale

Non basta introdurre procedure inclusive: serve una trasformazione culturale che coinvolga tutta l’azienda. Solo quando la diversità diventa parte del modo in cui si osserva e si valuta, allora può davvero fare la differenza. Solo allora le vecchie lenti permettono di ingrandire e di far scoprire i nuovi talenti.

 💡 Nuove lenti per nuovi mondi

Cambiare lo sguardo di chi seleziona è il primo passo per aprire la porta a nuovi talenti. Quelli autentici, non conformi, creativi, magari invisibili ai criteri standard ma ricchi di idee e visione.

Formare chi assume significa formare il futuro del lavoro.

Un futuro in cui essere visti conta più dell’apparire, e in cui il potenziale conta più del pregiudizio.

Oggi più che mai, serve che le aziende si chiedano:
👉 Chi stiamo escludendo senza nemmeno accorgercene?
👉 Cosa ci stanno nascondendo le nostre stesse lenti?

Solo chi è disposto a cambiare lo sguardo potrà scoprire i nuovi talenti di cui il lavoro ha davvero bisogno.

🧠 Vuoi approfondire il tema del bias nella selezione? Oppure iniziare un percorso di formazione per il tuo team HR? Scrivimi o lascia un commento.

Il cambiamento parte da chi guarda.

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